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482 ATTO TERZO

SCENA V.

Il marchese Ottavio dall’altra parte, e dette.

Ottavio. Bettina, ehi Bettina. (cercandola al buio)

Beatrice. Rispondetegli. (a Bellina, sotto voce)

Ottavio. Bettina, dico. (come sopra)

Bettina. Lustrissimo.

Ottavio. Perchè avete spento il lume?

Beatrice. (Parla nell’orecchio a Bellina, insegnandole cosa deve rispondere.)

Bettina. L’ho stuada, perchè me vergogno. (ad Ottavio)

Ottavio. Dove siete? Ehi. Dove siete?

Beatrice. (Come sopra.)

Bettina. Son qua.

Ottavio. Datemi la vostra manina.

Beatrice. (Come sopra. Bellina non vorrebbe, ed ella la spinge.)

Ottavio. Oh cara questa bella manina! (crede Bettina, ed è la Marchesa) Mi volete voi bene?

Beatrice. (Come sopra.)

Bettina. Sior sì.

Ottavio. Sarete mia?

Beatrice. (Come sopra.)

Bettina. Sior sì.

Ottavio. Avete avuto dispiacere, che io v’abbia condotto via?

Beatrice. (Come sopra.)

Bettina. Sior no.

Ottavio. Dunque avete gusto?

Beatrice. (Come sopra.)

Bettina. Sior sì.

Ottavio. Voi mi consolate, la mia cara Bettina.

Beatrice. (Tira in disparte Bettina, e le parla come sopra.)

Bettina. Caro elo, son stufa de star al scuro. Vorave che l’andasse a tor una luse. (ad Ottavio)

Ottavio. Chiamerò qualcheduno.

Bettina. No no, che no vogio esser vista.

Beatrice. (Come sopra.