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176 ATTO PRIMO


povero mio padre vorrebbe pure vedermi contenta. Ecco qui quello sguaiato d’Ottavio. Vorrei ritirarmi dalla finestra; ma non vuo’1 perdere l’occasione di veder Momolo. Dovrebbe passare, e andarsene costui. Sa che io non gli bado, che mio padre non lo vuol sentire; e Lucindo, mio fratello, glie l’ha detto liberamente che non istia ad inquietarmi.

Ottavio. (Passando la saluta).

Eleonora. (Non gli risponde al saluto).

Ottavio. Nè meno per civiltà? (ad Eleonora)

Eleonora. Serva sua.

Ottavio. Gran disgrazia è la mia.

Eleonora. Chi così vuol2, così merita.

Ottavio. Merito peggio ancora, volendo continuare ad amare un’ingrata; ma non posso staccarmi questa passione dal cuore.

Eleonora. Non siete ancora chiarito che nessuno di casa mia, quand’io volessi farlo, consentirebbe ch’io vi parlassi?

Ottavio. Cospetto di Bacco! da voi soffrirò tutto, ma i vostri di casa me la pagheranno. E colui di Momolo, che è cagione di tutto, giuro al cielo, avrà che fare con me.

Eleonora. Questo non è luogo da far chiassate.

Ottavio. Sono un galantuomo, e questi affronti non mi si debbono3, e non li voglio soffrire. (alzando la voce)

Eleonora. (Entra, e chiude la finestra.)

SCENA XII.

Ottavio, poi Lucindo dalla sua casa, poi Momolo dalla locanda.

Ottavio. Anche di più? Serrarmi4 la finestra in faccia? Non son chi sono, se non mi vendico. (strepitando)

Lucindo. Quante volte vi si ha da dire, signore, che non vi accostiate alla nostra casa?

Ottavio. Nè voi, nè chi che sia me lo può impedire.

Lucindo. Troverò persone, che vi faranno desistere.

)

  1. Ed. Zatta: vo’.
  2. Zatta: vuole.
  3. Zatta: deono.
  4. Zatta: Anche di più serrarmi ecc.