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sommità, sconciavala un pocolino, ma davale altresì un’aria di maestà, allora quando si componeva in attitudine grave e seriosa. Padrona di se medesima, teneva ella una casa, in cui nulla mancava al comodo e alla proprietà. Avea dello spirito, dell’educazione, del sentimento. Sapea la musica perfettamente. Facea dei versi, che non erano intieramente cattivi; amava la conversazione, parlava assai volentieri, e parlava molto di se medesima, amando quelli che sapevano meglio lodarla, ed affettavano di più attentamente servirla. Savia però ed onestissima, sapeva unire il contegno alle buone grazie, e l’esemplarità dei costumi alla vita lieta e civile: eppure con tutto questo, e con ventimila ducati di dote, malgrado la volontà decisa di collocarsi, non avea trovato ancora il partito. La difficoltà proveniva dal suo carattere. Estremamente sensibile e delicata, trovava dei difetti in tutti quelli che le potean convenire, e non sapeva determinarsi alla scelta. Io era fra il numero di quelli che meno le dispiacevano. L’estro poetico, ch’io possedeva, lusingava la sua inclinazione, e i versi ch’io componeva in sua lode me la rendevano affezionata. Molti difetti avrà ella scoperti in me; ma quello che più dovea disgustarla, si era lo stato mio di fortuna. Calcolando essa però, ch’io potea un giorno divenir qualche cosa, e che una dote passabile potea farmi arrivar più presto a migliorar condizione, so che non era lontana dal preferirmi; dissemi cose tali da potermene lusingare, parlò a mia madre in maniera, ch’ella ne era più di me lusingata, e si sollecitò il mio Dottorato per questo; ma allora quando io mi credea più sicuro di possederla, un’avventura mi fece perdere la speranza.

S’introdusse in casa della signora un personaggio di nascita assai superiore alla mia, di fortune poco più avvantaggiose. Dandole il rango maggior franchezza e maggior libertà di parlare, si dichiarò spasimato, e si esibì di sposarla. Lusingata ella dal titolo, si lasciò vincere dalla vanità, ed aderì alla proposizione. Io me ne accorsi, me ne assicurai, e acceso più di sdegno che di gelosia, non degnai di dolermene, ma ne meditai la vendetta. Viveva in casa con essa una sua Nipote, che non aveva altro merito che quello della gioventù, e come io sapeva quant’era la

e Zia