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222 parte seconda

cipio del secondo. In esso comparisce Giacinta malinconica, pensosa, e in compagnia della sua cameriera che la interroga sul motivo della sua malinconia. Giacinta, dopo aver alcun tempo resistito alle istanze di Brigida, è forzata a manifestare il mistero e a confidarle il suo impaccio, la sua passione, il suo stato. Guglielmo, quel tanto savio e cortese giovine, per il quale ella pure professava quella stima di cui i suoi costumi e la sua condotta sembravano meritevoli, senza aver però mai per l’avanti sentito alcun effetto, veruna inclinazione per lui; quel giovine non con altro fine da lei impegnato ad essere della conversazione che per superare con tal mezzo i fastidiosi ridicoli ostacoli di Leonardo, quel giovine insomma colla sua dolcezza ed assiduità, profittando delle occasioni, dei luoghi, del tempo, della libertà, aveva saputo in modo tale insinuarsi nel cuore di lei, che ella arde per lui d’una fiamma divoratrice, capace quasi di condurla a morte. Brigida non si sarebbe mai aspettata dalla sua padrona una simile confessione, e ne resta tanto più maravigliata, in quanto che tutta la brigata crede Guglielmo amante della signorina Vittoria, e tutti sono di sentimento, dopo il viaggio da questo giovine e dalla signorina fatto insieme nella carrozza stessa, che sia già un pezzo avanti la loro unione. Giacinta assicura che tutto questo non è per parte di Guglielmo se non un’astuzia, per meglio occultare la sua vera inclinazione: Brigida pertanto procura di far coraggio alla padrona con porle sott’occhio che, non avendo ancora sposato Leonardo, potrebbe benissimo impegnare il genitore a rendere pago il desiderio di lei; ma Giacinta ha dato già la sua parola, ha già firmato il contratto, onde è disposta piuttosto a morire che mancare al suo dovere. Nel corso della commedia Giacinta fa di tutto per evitare l’incontro di Guglielmo, ma il giovine, a cui troppo bene è noto il carattere di lei, la segue dovunque. Questa signorina lascia dopo il pranzo tutta la compagnia, e va sola in un boschetto per ivi piangere in piena libertà. Guglielmo va a trovarla; e profitta dell’occasione per parlare alla medesima in modo decisivo. Le domanda se restar debba in vita, o morire. Adempite al dovere che vi corre, e lasciatemi in pace; il giovine insiste, ed ella, richiamando tutto il suo spirito in aiuto del cuore, prende il tono di donna sdegnata, e gli dice: — Voi avete mancato alla convenienza, alla buona fede, all’ospitalità, tendendo lacci al mio cuore, ed abusandovi nel tempo istesso della credulità di altra donna per celare con tal mezzo i vostri fini: la sposa di Leonardo non può ascoltarvi più, e la signorina Vittoria non merita d’esser tradita. — In questo tempo Leonardo li sorprende, e si fa render conto del loro colloquio. Guglielmo vedesi compromesso, ma Giacinta non manca punto di fermezza d’animo. — La signorina Vittoria, ella dice, è appunto il soggetto di tutto il nostro colloquio. Guglielmo ne è amante: anela di diventarle consorte, ed in questo istesso istante s’indirizzava per tal fine alla sposa del fratello per conseguirne l’assenso. A questo discorso non può Guglielmo retrocedere senza rischio, onde trovasi forzato a confermare l’asserzione di Giacinta. Con tutto questo Leonardo non si lascia metter nella rete, sospetta sempre, ma al tempo stesso ammira Giacinta, e promette a Guglielmo la sua sorella. Dopo ciò Leonardo scrive una lettera, che fa copiare a Paolino suo cameriere con ordine di dargliela alla presenza di tutta la brigata, fingendo che sia una lettera proveniente da Livorno. In essa finge che suo zio in imminente pericolo di morte lo chiami alla città; convien dunque partire immediatamente, onde