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GOGOL

templò a lungo la folla dei suonatori che procedeva per le vie, con pandore, mandolini, chitarre, e coi cantanti di chiesa, che nella Sjec erano mantenuti non solo per cantare in chiesa, ma anche per celebrare le gesta dei Saporogini. Da ultimo l’ebbrezza e la stanchezza cominciarono ad aver ragione delle teste forti. Or qua, or là si vedeva cadere un cosacco e restare per terra; o un compagno, dopo aver abbracciato il compagno ed essersi intenerito, e magari con le lagrime agli occhi, si rotolava giú insieme con lui. Talora si sdraiava in massa tutto un gruppo: tal’altra qualcuno sceglieva il posto migliore ove giacere, e si stendeva senz’altro sopra un tronco d’albero. L’ultimo, ch’era il piú forte di tutti, andava ancora pronunziando non so quali discorsi sconnessi; ma in fine anche a lui la forza della sbornia fiaccò le gambe; si rotolò giú anche lui — e tutta la Sjec fu immersa nel sonno.


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