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GOGOL

pere, prugne; nell’orto, papaveri, cavoli, piselli... che cosa non si trova presso di me?... Vorrei sapere: che cosa mi manca?».

Dopo aver rivolto a se stesso questa profonda domanda, Ivan Ivanovic rimase pensieroso: e frattanto i suoi occhi cercavano nuovi oggetti: passarono al di là della siepe nel cortile di Ivan Nikiforovic, e furono attratti involontariamente da un curioso spettacolo. Una vecchietta rinsecchita portava fuori, uno dopo l’altro, degli abiti smessi e li esponeva all’aria sopra una corda tesa. Ecco, una vecchia uniforme, coi risvolti sdruciti, tendeva all’aria le maniche e abbracciava un corpetto di broccato; dietro ad esso si affacciava un abito da gentiluomo coi bottoni fregiati di stemmi e il bavero tarlato; bianchi pantaloni di cachemir macchiati, che in tempi lontani erano stati infilati alle gambe d’Ivan Nikiforovic, e ora forse avrebbero potuto stendersi sulle sue dita; dietro ad essi ne furono subito appesi degli altri in forma della lettera A, poi un besc’mèt1 azzurro, che Ivan Nikiforovic si fece fare dodici anni prima, quando si preparava al servizio militare e già s’era fatto crescere i baffi. Da ultimo, a poco a poco, apparve una spada, che pareva una guglia spor-


  1. Veste corta usata dai Tartari.

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