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GOGOL

pravvenuti, e non voltarono la testa, se non quando Jankelj disse:

— Siamo noi. Udite signori, siamo noi.

— Passate — disse una di esse, mentre con una mano spingeva la porta, e presentava l’altra mano al compagno per riceverne i colpi.

Avanzarono in un corridoio stretto e scuro, che li menò daccapo in una sala simile alla prima, con piccole finestrelle in alto.

— Chi va là? — gridarono parecchie voci insieme, e Taras vide schierato un drappello di militari armati di tutto punto. — Noi abbiamo ordine di non far passare nessuno.

— Siamo noi! — gridava Jankelj. — In nome di Dio, siamo noi, illustri signori!

Ma nessuno voleva stare a sentire. Per fortuna arrivò in quel momento un uomo corpulento, che da tutti gl’indizi pareva un superiore, perché strillava piú forte degli altri.

— Signore, siamo noi; voi già ci conoscete, e il signor conte vi vuole ancora ringraziare.

— Lasciate passare, per cento diavoli alla mamma del diavolo! e poi non fate entrare piú nessuno. E che nessuno deponga la sciabola e si sdrai per terra come un cane...

Il seguito dell’eloquente comando non fu piú udito dai nostri due viandanti.

— Siamo noi! siamo dei vostri! — si af-


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