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GOGOL

stirsi da conte forestiero, venuto da paesi tedeschi; al qual fine il lungimirante giudeo s’era affrettato a procurarsi degli abiti adatti. Era già notte. Il padrone di casa, il noto giudeo rossiccio e lentigginoso, tirò fuori una smilza tela di sacco, nascosta sotto una specie di stuoia, e la distese sul banco per Bul’ba. Jankelj si mise a giacere sul pavimento sopra un altro sacco simile. Il giudeo rossiccio tracannò un piccolo bicchierino di liquore e, deposto il caffettano e rimasto con le calze e certe scarpe fatte in modo da somigliare assai a pulcini, si ritirò con la sua ebrea in qualcosa che pareva un armadio. Due piccoli Giudei, simili a due cagnolini domestici, giacevano per terra accanto all’armadio. Ma Taras non dormí; stava a sedere immobile, e leggermente con le dita picchiava sul tavolo come su un tamburo; teneva in bocca la pipa e mandava fuori tanto fumo, che il giudeo tra il sonno starnutò e si coprí il naso con la coperta.

Appena il cielo cominciò ad essere toccato da un pallido preannunzio dell’aurora, egli urtò Jankelj con un piede.

— Alzati, giudeo, e dammi il tuo abito da conte.

In un attimo si vestí; si tinse di nero i baffi e le sopracciglia, si mise in testa un piccolo


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