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GOGOL

Salomone aveva tanti segni delle bastonate ricevute per la sua audacia, che egli senza dubbio da gran tempo ne aveva perso il conto e s’era abituato a considerarli come altrettante voglie.

Mardochaj uscí insieme coi camerati, tutti pieni di stupore per la sua sapienza. Bul’ba rimase solo. Egli si trovava in una strana posizione, non mai provata per lo innanzi: per la prima volta in vita sua sentiva una certa inquietudine. L’anima sua era in uno stato febbrile. Non era piú l’uomo di prima, inflessibile, incrollabile, duro come una quercia; era pusillanime, era questa volta, un debole. Trasaliva ad ogni piú piccolo rumore, ad ogni nuova figura di giudeo che si mostrava sulla via. In tale stato passò finalmente tutta la giornata; non mangiò, non bevve, e non si scostò neppure un momento dalla piccola finestrella sulla via. Finalmente, già a sera tarda, si presentarono Mardochaj e Jankelj. Il cuore di Taras era un gelo.

— Ebbene? Si riesce? — chiese ad essi con l’impazienza di un cavallo selvaggio.

Ma prima ancora che quelli ripigliassero fiato per rispondere, Taras osservò che Mardochaj già non aveva piú il suo ultimo ricciolo, che, sebbene abbastanza sporco, pure scendeva sempre inanellato di sotto alla sua berretta. Notevole era anche il fatto che egli voleva dire qual-


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