Pagina:Gogol - Taras Bul'ba, traduzione di Nicola Festa, Mondadori, Milano, 1932.djvu/131


TARAS BUL'BA

re... ma né lo scalpello né il pennello, né la parola piú potente è in grado di esprimere ciò che qualche volta si vede negli occhi di una fanciulla, e tanto meno quel senso di commozione da cui è avvolto colui che mira cotali occhi di fanciulla.

— O mia sovrana! — esclamò Andrea, pieno di ogni esuberanza, di cuore e di spirito — Di che hai bisogno? Che vuoi? Non hai che a dirmelo. Assegnami il compito piú impossibile che mai sia al mondo, e io correrò ad eseguirlo. Dimmi di fare quello che supera le forze di ogni uomo, e io lo farò, io andrò incontro alla mia rovina. Perirò, sí, perirò! E perire per te, lo giuro per la Croce santa, è per me cosí dolce... Ma non sono capace di dire quanto! Ho tre fattorie; una metà delle mandre di mio padre è mia; tutta la dote che mia madre portò a mio padre, e anche tutto ciò che essa ha messo da patte all’insaputa di lui, tutto è mio. Non c’è nessuno adesso tra i nostri cosacchi che possieda armi cosí belle come le mie: per un’elsa delle mie spade mi danno la migliore mandra di cavalli e tremila pecore. A tutto questo io rinunzierò, l’abbandonerò, lo getterò via, lo brucerò, l’affonderò, basta che tu dica una parola sola, o basta che tu muova semplicemente il tuo fine nero sopracciglio! Ma so bene che


129