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GOGOL

alcuni fiocchi se ne staccavano e andavano a spegnersi nelle lontane regioni del cielo. Altrove un nero convento bruciato, simile a un severo certosino, sorgeva minaccioso, mostrando a ogni guizzo di luce la sua cupa mole; altrove ardeva il giardino di un convento: pareva di udire come stridevano gli alberi contorcendosi tra il fumo, e quando poi balzava fuori il fuoco, esso illuminava improvvisamente di una luce fosforescente e violacea accesa i rami carichi di susine mature, o pure mutava in oro zecchino le pere che qua e là ingiallivano, e allora nereggiava tra esse, appiccato al muro d’una fabbrica o ad un ramo d’albero, il corpo d’un misero giudeo o di un frate, che insieme con l’edificio era distrutto dal fuoco. Al di sopra del fuoco volteggiavano in lontananza gli uccelli, e parevano una quantità di crocette scure e sottili sulla pianura in fiamme. La città assediata pareva che dormisse, ma le torri, i tetti, lo steccato e le mura erano illuminati silenziosamente dai riflessi degli incendi lontani.

Andrea girò attorno alle file del campo cosacco. I fuochi ai posti di guardia erano pronti a spengersi da un minuto all’altro, e le stesse sentinelle dormivano, dopo aver divorato qualsiasi vivanda con tutto l’appetito dei cosacchi. Il giovine si meravigliò un poco di tutta quella


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