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GOGOL

dalla falce, dove, come a farlo apposta, ondeggiavano le grosse spighe di una messe copiosa oltre il solito, che quella volta compensava generosamente le fatiche di tutti i contadini. Con terrore dalla città vedevano come si annientavano i mezzi della loro sussistenza. Intanto i Saporogini, avendo distese in doppia fila attorno alla città le loro teljeghe, distribuivano, come alla Sjec, per kurjenje, fumavano alla pipa, facevano baratti tra loro delle armi tolte al nemico, giuocavano a cecharda1 o a pari e dispari, e guardavano la città con un sangue freddo da carnefici. Di notte s’accendevano i fuochi di bivacco; i cucinieri in ciascuna kurjenja facevano bollire la kascia2 entro enormi caldaie di rame; presso ai fuochi accesi tutta la notte era piantata la sentinella insonne. Ma ben presto i Saporogini cominciarono pian piano a infastidirsi di quell’ozio e di quella prolungata sobrietà, mancante di ogni legame con un’impresa qualsiasi. Il Koscevoj ordinò perfino di raddoppiare la razione del vino, ciò che qualche volta capitava nell’esercito, quando non si prevedeva alcuna azione o movimento difficile. Ai giovani, e specialmente ai figli di Taras


  1. Giuoco di agilità, consistente nel saltare al disopra delle spalle dei compagni.
  2. Polenta di avena monda.

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