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E così, voi volete ch’io vi narri ancora qualcosa su mio nonno? Sia pure. Perchè rifiutarvi lo svago di una storiella? Ah, il buon tempo antico! Il buon tempo antico! Che gioia, che delirio invade il cuore a sentir raccontare qualcosa di quel che avveniva nel mondo al tempo de’ tempi, al tempo tanto lontano ch’è impossibile dirne l’anno e il mese! E se poi si tratti d’un parente, nonno o avo che sia, cantando la gloria a Santa Barbara Martire, se non mi pare che il fatto sia avvenuto proprio a me stesso e ch’io sia entrato addirittura nella pelle di mio nonno o che sia l’anima sua a palpitarmi dentro....

No. E, quel ch’è peggio, eccoti le nostre ragazze, i nostri giovinotti, appena vengo loro avanti:

— Foma Grigorevic! Foma Grigorevic! Via, una fiaba paurosa, tanto paurosa, orsù via!

E ta ra ta ta ta, e questo e quello...

Certo, non mi costa molto raccontar loro qualcosa; ma se vedeste poi come diventano quando si mettono a letto... so di sicuro che ogni ragazza trema sotto le coperte come avesse la febbre, e sarebbe contenta se potesse tirarsi il tulupe sulla testa. Se un topo gratta un paiolo, o se la ragazza stessa fa con un moto del piede l’attizzatoio, oh, signore!... lei ne resta tutta agitata di spavento; ma la dimane, come se non fosse avvenuto un bel niente, torna a importunarvi di nuovo: raccontate una fiaba paurosa, e lei non cerca di meglio.

Orsù: cosa devo dunque raccontarvi adesso? Subito, non mi viene a mente. Ah, sì! Ora vi dirò come le streghe giocarono con mio nonno al durak1. Solo vi pregherei, signori, di non prevenirmi con domande, altrimenti verrà fuori un manicaretto farcito da non potersi gustare.


  1. Giuoco di carte, nel quale chi perde resta durak, cioè imbecille.