Pagina:Gogol - Novelle, traduzione di Domenico Ciampoli, 1916.djvu/103

NOVELLE 101

Danilo attonito, la nube sparve e apparve una donna; ma donde veniva? era portata dall’aria? Come si reggeva così, senza toccar terra, senza appoggiarsi a niente, traversata dalla luce rosea, e lasciando vedere, nella evanescenza della persona, i segni che spiccavan sulla parete?

Ed ecco: lei scuote la testa diafana; gli occhi azzurri chiari le brillano soavemente; le si sciolgono i capelli e le scendono sulle spalle, come nuvola d’un grigio luminoso; le si tingon le labbra di un pallido incarnato, come per la trasparenza bianca del cielo mattutino sale il vermiglio dell’aurora; le si sfuman le sopracciglia... Ah, è dessa, Caterina!

E Danilo sentì le membra come incatenate; volle parlare ma le labbra gli si mossero senza profferir accento. Lo stregone restava là, immoto, al suo posto. «Dove eri?» le domandò; e lei gli rimase dinanzi tremante.

— Oh, perchè mi hai chiamata? — gemette con un fil di voce. — Ero laggiù, nella gioia. Ero nel luogo stesso dove son nata e dove son vissuta quindici anni. Deh, com’è bello laggiù! com’è verde, odoroso il prato, ove giocavo nella mia fanciullezza! E i fiori di campo, e la nostra capanna e l’orticello! Oh, come la mia buona mamma mi abbracciava! Quanto amore ne’ suoi occhi! Lei mi carezzava, mi baciava sulle labbra, sulle guance, e con un pettine fine mi pettinava la chioma bionda... Babbo! — e in così dire fissò lo stregone cogli occhi pallidi — perchè mi hai ucciso la mamma?

E la bellezza diafana tremò.

Lo stregone, con gesto terribile, la minacciò col dito: «Forse ti ho concesso di parlar su questo?».

E la bellezza diafana tremò.

— Dov’è in questo momento la tua pania?

— La mia pania Caterina dorme in questo momento, ed io era lieta, prendevo il volo e volavo via. Da molto tempo desideravo vedere la mamma. A un tratto ho avuto quindici anni e mi son sentita lieve lieve, come un uccello. Perchè mi hai chiamata?

— Rammenti ciò che ti dissi ieri? — domandò lo stregone con voce tanto bassa da sentirsi appena.

— Me ne rammento, me ne rammento; ma che non darei per poterlo dimenticare? Infelice Caterina! Lei ignora quel che sa l’anima mia.

— È l’anima di Caterina — pensò il pan Danilo.