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i favori ottenuti; gli ostacoli incontrati; tutto ciò mi allettava per modo, che durante tutto il mio soggiorno a Palermo, e lungo la maggiore parte del mio viaggio di Sicilia, non ho guari potuto pensare ad altro. E pertanto, ad onta di tutti i disagi materiali, io mi trovavo in questa terra eminentemente classica, in una disposizione d’animo eminentemente poetica, nella quale mi pareva sarei stato capace di rappresentare, di esprimere quanto vedevo, quanto osservavo, quanto mi si presentava allo sguardo.

Secondo la mia buona, ovvero cattiva abitudine, non ho scritto quasi nulla ancora di tutto ciò; ma ne ho meditato molto, anche i minimi particolari nella mia mente, ed il tutto rimarrà deposto nella mia memoria, per evocarlo fuori a tempo opportuno.


L’8 maggio, sulla strada di Messina.

Ora sorgono monti calcari alla nostra sinistra. Assumono questi le più belle tinte, e formano golfi bellissimi; quindi segue una specie di sassi, ai quali si potrebbe dare nome di argilla schistosa, ovvero di roccia grigia. Nei rivi si scorgono di già frammenti di granito; i frutti gialli del solano, i fiori rossi dei leandri rallegrano l’aspetto della contrada. Il fiume Nisi, come parimenti gli altri rivi, trasportano ardesie, con traccie di mica.


Mercoledì 9 maggio 1787.

Caminammo tutta la giornata lottando continuamente coll’acqua, e molestati da un vento impetuoso di levante, fra le onde del mare che mugghiava, e quelle roccie che contemplammo avant’ieri dall’alto: Abbiamo dovuto attraversare un numero infinito di rivi, di torrenti, il maggiore dei quali, il Nisi, porta il titolo onorifico di fiume; però tutti questi corsi d’acqua, non che i macigni che traspor-