Pagina:Goethe - Ricordi di viaggio in Italia nel 1786-87.djvu/309


— 295 —


La mia prima idea si fu di mandare loro le quattordici onze di di cui era rimasto loro debitore il fuggiasco, facendo loro credere, per non umiliarli con un regalo, che mi sarei poi procurato da quello il rimborso di quel poco danaro; se non chè, venuto a casa, e fatta la mia ricognizione di cassa, mi accorsi che in un paese dove la mancanza totale di comunicazioni accresce in modo indicibile le distanze, avrei corso pericolo di trovarmi io stesso in imbarazzo, cedendo al desiderio lodevole di volere, per bontà di cuore, portare riparo all’indegna condotta di un ribaldo.

Verso sera mi portai ancora una volta dal mio merciaiuolo, e gli domandai come sarebbe andata all’indomani la festa, nella quale una grandiosa processione doveva percorrere tutta la città, ed il vicerè stesso, accompagnare a piedi il Santissimo? Il menomo colpo di vento correva rischio di avvolgere in un nembo di polvere, e Dio, ed uomini.

Il brav’uomo mi rispose che a Palermo si aveva molta fiducia nei miracoli; che già parecchie volte in tali casi era caduta pioggia abbondante, la quale aveva ripulite, almeno in parte le strade, ed agevolato il passo alla processione; e che anche questa volta si faceva assegno sulla pioggia, nè per dir vero senza motivo, imperocchè il cielo era coperto, e prometteva acqua per la notte.


Palermo, sabbato 15 aprile 1787.

Così difatti avvenne, anche questa volta. Nella scorsa notte un vero diluvio si scatenò sulla città, e mi affrettai a portarmi di buon mattino per istrada, ad ammirare il miracolo. Ed era questo abbastanza strano. Il torrente che scendeva sulla via, fra i marciapiedi da ambo i lati, aveva liberato il suolo della strada dal fango più leggiero trascinandolo parte in mare, parte nelle chiaviche le quali non si trovavano otturate, ed aveva inoltre addensate quà