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parola già altra volta del cipresso, albero rispettabilissimo, perchè cresce dritto, e vive lunghissimi anni. Tra breve mi recherò a visitare il giardino botanico, e spero trovarvi occasione di acquistare molte cognizioni. Non havvi a mio avviso soddisfazione uguale a quella che procura ad uomo riflessivo la vista di una nuova contrada; e quando io cessassi dal provare quella contentezza, riterrei essere diventato tutt’altro uomo, da quello che sono stato sin qui.

Per oggi depongo la penna. Un’altra volta non vi terrò discorso d’altro che di uccisioni, di malsania, di terremoti, di disgrazie, perchè non difettino le ombre a miei quadri.


Il 3 Dicembre.

Il tempo fin qui ha per lo più variato di sei in sei giorni. Due giornate stupende, una coperta, due o tre piovviginose, quindi bel tempo di nuovo. Cerco impiegarle tutte nel miglior modo possibile.

Ed intanto tutti questi oggetti stupendi, sono sempre conoscenze nuove per me. Non ho vissuto ancora abbastanza con essi, non ho potuto ancora apprezzare abbastanza le loro doti. Taluni vi attraggono con tanta forza, esercitano cotale fascino, che vi rende per un certo tempo non solo ingiusto, ma indifferente verso gli altri. Il Panteon a cagion d’esempio, l’Apollo del Belvedere, alcune teste colossali, ed ultimamente la cappella Sistina, s’impossessarono per tal guisa del mio animo, che nulla io scorgo al di là di queste. Come possiamo, meschini quali siamo, ed assuefatti alla meschinità, star di fronte a quelle cose immense, nobili, perfette? E quando in certo modo si volesse volgere a quelle le spalle, vi circondano, vi stringono da ogni parte, ad ogni passo altri oggetti, i quali domandono, ottengono la vostra attenzione. Come mai sarebbe possibile sottarsi a questi? Non si può far altro che fermarsi, esaminarli, e giovarsi a questo fine degli studi già fatti da altri.