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EPIGRAMMA XLVIII.

Stesso giorno.

Chi ’l crederia pur mai, che filarmonica
Tanto fosse una gente,
Cui vomita la Gallia disarmonica?
Per tutto, ov’ei si ficcano, imminente
Minacciano un concerto
Tutto d’organi schietti, appo il cui merto
Ogn’altro suon fia ciarpa.
Già i pedali a calcar pronta è ogni scarpa:
Gli organi, è ver, finora, e gli organisti
Mancan; ma intanto, per non farci tristi,
Lor mani esercitando van su l’arpa.1



  1. Arpa, stromento eletto dal re David per salmeggiare, e profetizzare: degenerato poi nella mondanità, come tutte le cose coll’andar del tempo. Ma i Galli, rigeneratori d’ogni antico instituto, voleano pure a questo loro diletto stromento dare la preferenza sopra l’Organo stesso: e tanta era la loro predilezione per questa Davidica armonia, che quando si cucinavano quel loro stemma simbolico, in vece del tacito motto, che io accennai nell’ultimo verso del Sonetto XXI, come scolpito dalla maestria del pittore su la fronte della lor Donna Stemmatica, molti si ostinavano a porvi sotto la seguente Epigrafe greca: Ἥρπηκα, Ἁρπάζω, Ἁρπάσω; tre parolette, che in Italiano suonerebbero, ridotte in un verso: L’Arpa suonai, la suono, e suonerolla. E grandi furono, e ingegnosissimi, i contrasti fra quei saggi per l’ammissione, o esclusione dell’Epigrafe. Ma finalmente i membri Grecizzanti dovettero cedere ai Gallizzanti, che dimostrarono non potersi alla lor Donna impugnante una pertica, affibiare il motto di un arpeggiante, perchè una pertica non è un’arpa.