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Odo or la Gallia, in servitù marcita,
Che il danno altrui senza il suo pro sol chere;
E fatta sede di liberti, invita
A se stesse disfar, le genti intere;
E il nome stesso venerando adopra
Di Libertà, cui non conosce, e macchia
Col sozzo labbro, e la sozzissim’opra.
Quindi ognor più nel buio il ver s’immacchia;
E vien, ch’etade ognor più tarda scopra
Qual fosse il Cigno, e qual la ria Cornacchia.


SONETTO XVIII.

20 novembre 1792 in Firenze.

Di Libertà maestri i Galli? Insegni1
Pria servaggio il Britanno, insegni pria
Umiltade l’Ispano, o codardia
L’Elvezio, o il Trace a porre in fiore i regni.
Sian dell’irto Lappon gli accenti pregni
Di Apollinea soave melodia;
Taide anzi norma alle donzelle dia
Di verginali atti pudichi, e degni.
Di Libertà maestri i Galli? E a cui?
A noi fervide ardite Itale menti,
D’ogni alta cosa insegnatori altrui? —
Schiavi or siam, sì; ma schiavi almen frementi;
Non quali, o Galli, e il foste, e il siete vui;
Schiavi, al poter qual ch’ei pur sia, plaudenti.

SONETTO XIX.

14 decembre 1792.

Figli di vuoto erario i nuovi Galli,
Liberi no, ma in altra foggia schiavi,
Minaccian, vili, le Papali chiavi,
Legni, e penne allestendo, armi e cavalli.




  1. È uso comunissimo tra i Francesi di volere insegnare all’altre Nazioni quelle cose appunto che essi non hanno nè imparate, nè praticate; ma tosto che cominciano a balbettarne i nomi, tenendole per sapute, entrano in cattedra ad insegnarle. Così, venti anni addietro, insegnavano a tutta l’Europa l’Economia politica, nella quale poi gli abbiamo veduti sì esperti, dai fatti.