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domestici, e di dedicarsi con abnegazione alla missione che l’ordine religioso si propone. Perciò i genitori che vogliono far suore di carità le loro figliuole debbono pensarci prima per non pentirsi poi.

Nè queste parole hanno l’aria del minimo disprezzo per la missione delle suore di carità, la quale, per me, è nobile e grande e risponde a un bisogno sociale. Vi sono tanti infelici al mondo, malati lontani dalle loro famiglie, vecchi senza pane e senza tetto, orfanelli derelitti, abbandonati, deficienti o mancanti del tutto del ben dell’intelletto, e le donne che, animate dalla carità cristiana, dedicano ad essi le loro cure affettuose, per diminuirne le sofferenze, compiono la più nobile missione umanitaria.

Chi non ammira l’opera della suora di carità negli ospedali, nel campo di battaglia, negli orfanotrofi, negli istituti pei ciechi, pei sordomuti e per gl’idioti, nei ricoveri di mendicità, nei manicomî e in altri simili istituti di beneficenza? Chi non l’ammira nella Croce Rossa, sia in tempo di guerra che in tempo di pace? Chi non comprende che la missione delle suore di carità è più apprezzabile di quella della monaca, che consuma la vita nell’ozio del chiostro, dimentica delle sofferenze altrui e paga di rendere sempre più pura l’anima sua con la preghiera? Per me Suor Agostina, che, trafitta dal pugnale d’un forsennato nell’ospedale dei tubercolosi di Roma, muore vittima del suo dovere, è una santa...

Solo è da desiderarsi che siano avviate al nobile ufficio di suora di carità unicamente quelle giovani che hanno una vera vocazione alla vita d’abnegazione pel bene dell’umanità, affinchè diminuisca il numero delle