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chelangelo e di Raffaello, il modello della «grande maniera» che nella vòlta della Cappella Sistina, nelle Stanze e Logge Vaticane li ha resi immortali, e fece dell’Arte italiana della Rinascenza la sorella moderna e cristiana di quelle di Atene e Roma antiche.

Ecco, egregio amico, il primo pensiero destato in me dalle onoranze a Masaccio. Non so se valga abbastanza per essere l’espressione del mio modestissimo ma sincerissimo omaggio alla memoria dell’illustre compagno di Filippo, di Donato, di Lorenzo e degli altri gloriosi che suscitarono la Rinascenza dell’Arte nazionale, la quale, allargandosi poi in Europa, fece del Rinascimento uno stile mondiale e sempre moderno. Lo stile del Rinascimento non é esaurito come molti credono: mercè la sua essenza, egli sarà sempre capace di assimilare ogni nuova idea di bellezza, purché sia compagna della gentilezza; sarà sempre capace di far sviluppare in nuove e successive fasi moderne dell’Arte, ogni nuova visione di bellezza.

Vi ha un altro pensiero che pure s’offre a me in questa circostanza, ma che sarebbe troppo lungo l’esporre qui.

Lo voglio però accennare, perché conduce ad un nuovo omaggio all’arte di Masaccio. Mi viene suggerito dal paragone tra il modo di studiare la natura ai giorni nostri, e quello seguito da Masaccio. Mai, in Italia, sino alla morte di Raffaello e in Francia, sino dai tempi di Enrico II e di Caterina de’ Medici, si studiò la natura con tanta passione quanto oggi si vede in tutta l’Europa. Ma in questo studio si os-