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poi, ed in massima parte certamente, contribuirvi il tempo in cui venne al mondo e il luogo nel quale visse i primi suoi anni.

Sul cominciare del secolo XV l’arte italiana e più specialmente la fiorentina, in conseguenza della grandezza e della civiltà maravigliosamente raggiunte dalla città, si preparava a salire ad insuperata altezza. Favorita da ogni ceto di persone come testimonianza visibile di potenza dello stato e di pietà dei credenti, era divenuta quasi un bisogno universale, e per ogni dove le chiese ed i palazzi pubblici e privati si ornavano e si arricchivano per opera di numerosi artisti, i quali, eccitati da personale ambizione, divenivano energicamente attivi appunto perché l’arte era da essi considerata come strumento di rinomanza e di gloria.

Sulla Toscana sembrava che alitasse quasi un tepore nuovo allorché si sviluppavano animatrici la forza e la grazia di una gente giovane e privilegiata, e che l’arte rivestendosi di forma più viva ed umana divenisse come la fioritura di quella gente che aveva raggiunto grande ed invidiata potenza e, cosciente di sé, procedesse rapida verso il suo destino. I Fiorentini, non appagandosi che di pensieri magnifici, come scriveva Gino Capponi, sentivano il bisogno di render manifesta al mondo intiero la loro grandezza, ordinando alle Corporazioni delle Arti di ornare la chiesa di Orsammichele con le statue dei loro santi patroni; bandivano il concorso famoso per le porte di San Giovanni e decretavano di continuare, inalzando la cupola, l’opera maravigliosa di Santa Maria del Fiore.