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156 | Fioraccio |
— Badiamo, non discorrere, — dissi io, — stasera alle nove vengo da te a cercarti a casa e poi vedrai se è vero quel che dico io.
La sera alle nove ero alla casa di Cecco.
— Dobbiamo andare?
— Andiamo; ma avanti voglio prendere un pezzo di paletto; almeno se qualcheduno viene....
— Hai ragione, — risposi — voglio prenderlo anch’io.
Levammo le spine al carro, e adagio adagio c’incaminammo verso il camposanto. La serata era brutta: voleva piovere. Fuori del Camposanto non c’era da stare, perchè ci avrebbero veduti.
— Dove ci riponiamo?
— È meglio entrar dentro.
Cecco prese la chiave aprì il cancello ed entrammo. Ma richiudere di dentro non si poteva.
— Lascia accosto — diss’io — tanto se vengono, non passano dal cancello, scavalcano il muro.
— Ma ci vedono qui.
— Dov’è la buca?
— Lì accosto alla stanza mortuaria.
— Allora stiamo nella stanza.
— Nella stanza?
— E dove? Non c'è altro posto, mi pare.