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dignitá civile. Il requisito della capacitá dee escludere non solo -g’Ttgnoranti ma eziandio i dilettanti; perché se questi non si accettano nelle discipline teoretiche di qualche rilievo, come si potranno far buoni nella pratica piú difficile, qual si è quella di reggere gli Stati e le nazioni? Egli è singolare che si ammetta in politica una presunzione che sarebbe ridicola in ogni altro genere di uffici e di esercizi. Chi vorrebbe abitare, per cagion di esempio, in una casa fabbricata da un semplice dilettante di architettura e da un capomastro estemporaneo? Niuno sicuramente, perché le case di tal fatta corrono grave rischio di far pelo, poi corpo, e in fine di cadere sul capo di chi ci abita. Anche nelle professioni e nei mestieri piú umili si richiede abilitá e tirocinio. Né la capacitá politica versa, come molti credono, nella scienza delle leggi, delle armi, della finanza, dell’agricoltura, del traffico, dell’instruzione, dell’edilizia, perché altri può valere in tutte queste cose e nondimeno essere inabile a ben governare. E quantunque elle sieno necessarie, vi ha tra loro e la dote di cui discorro questo divario: che se chi regge è inesperto intorno ai detti capi, può valersi della scienza e dell’opera dei subalterni; laddove alla capacitá politica nulla può supplire se in proprio non si possiede. E in che versa la capacitá politica? In una sola cosa, cioè nell’antiveggenza. Chi antivede i successi, le occasioni, i beni, i mali, i pericoli probabili dell’avvenire, è impossibile che non provvegga con senno alle cose che occorrono. Se i ministri piemontesi della mediazione avessero preveduta la repubblica romana e l’invasione gallotedesca, avrebbero essi rifiutato il soccorso francese e la lega italica? Se quelli di Novara avessero preveduta la ruina di ogni libertá civile in tutta la penisola inferiore e il ritorno dei lombardoveneti al giogo imperiale, avrebbero essi disdetto l’intervento sardo? I governi che preconoscono il futuro sono arbitri del presente, perché hanno il benefizio del tempo; quando i mali violenti e malagevc’i a medicare nel loro colmo sono di facile guarigione se si curano nei primi loro principi, mentre è tenue il disordine e abbondano i mezzi e l’agio per ripararvi.