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aspetto di causa prima e creatrice; e un culto che non abbia cotal causa per oggetto non è piú possibile. Gli umanisti rigettano l’adorazione della causa prima come ignota; ma se ignota ci fosse davvero, non potremmo farne menzione né anco per rigettarla. Non vi ha effetto che ci sia cosi cónto come la prima delle cagioni, atteso che l’idea di essa è necessaria a pensare qualunque effetto. La parola stessa di «effetto» accenna ad un’efficienza, la quale, salendo di grado in grado, dee essere in fine assoluta e suprema. Ché se l’idea della causa prima ha viso di un’incognita, ciò nasce che non è sensibile né adequata, non potendo il pensiero finito comprendere l’infinito. L’inadequatezza del concetto risponde all’infinitá dell’oggetto; e come questa, non che arguir mancamento, procede da plenitudine, cosi quella non è effetto di scuritá ma di troppa luce, che avanza il debole acume della virtú visiva. Fa meraviglia come certi filosofi teneri del progresso vogliano ritirare la forma del culto al paganesimo, giacché l’antropolatria è parte di questo e sottostá di gran lunga non pure al monoteismo di Moisé e di Cristo ma a quello di Zoroastre e di Maometto. Ripigliasi con ragione Giuliano Cesare come dietreggiatore; e pure il ravvivare la gentilitá moribonda era cosa meno strana che il volerla risuscitare, morta e sepolta da quindici secoli. Vero è che oggi si propone il culto della specie, non degl’ individui, come se questi fossero separabili da quella, o che i pagani non mirassero pure alla specie quando l’adoravano individuata nell’eccellenza di un archetipo. Anzi il culto di alcuni uomini privilegiati di singoiar perfezione ha piú del plausibile che quello della specie: perché, se tu la separi dagl’individui, adori un’astrazione; se comprendi eziandio questi, col fiore veneri la feccia e riunisci nello stesso omaggio Cristo e Giuda, Maria e Messalina, Nerone e Marcaurelio. Anzi dovrai inginocchiarti a te stesso e sostituire alla religione l’autolatria che ne annienta l’essenza; perché ogni culto suppone un dio distinto dal cultore, come il debito un diritto e il soggetto un oggetto correlativo.

Quando nei tempi d’ignoranza e di tenebre, assegnandosi al mondo confini angusti e facilmente apprensibili, la terra si