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degli emblemi e delle forinole coi fatti e coi discorsi, di frasi tanto soavi ed umili con un imperiare che spesso riesce signoreggevole e superbo, in vece di comporre gli oppositi ne fa spiccare piú viva la dissonanza. Si pose mano piú fiate alla riforma di Roma ecclesiastica; e l’ultimo tentativo fu opera del concilio di Trento, che migliorò in effetto i costumi, emendò molti abusi e impedi che i passati scandali se non nella corte almen nella Sede si rinnovassero; onde il papato non diede piú i mali esempi di prima e talvolta fu specchio di rare virtú. Ciò non di meno il miglioramento non fu compiuto, e Roma spirituale non rispose negli ordini disciplinari né all’altezza dell’idea né al bisogno dei tempi e della cultura; tanto che se nel corso e nello scorcio del medio evo partorí lo scisma grecoslavo e germanico (che è quanto dire di due terzi di Europa e di una parte notabile dell’America e dell’Oriente), nei tempi piú freschi conferí non poco allo scadere delle credenze.

Il che venne agevolato da due cagioni cooperanti, l’una primaria e l’altra secondaria. Questa fu il gesuitismo, singolare instituto che, fondato per l’esaltazione di Roma, contribuí assaissimo ad accelerare il suo declivio. La causa primaria fu l’unione del temporale collo spirituale. Imperocché dal secolo sedicesimo in poi, prevalendo quasi da per tutto le signorie assolute e dispotiche, Roma non solo fece lega con esse, ma si appropriò questa forma di reggimento, forse piú per necessitá dei tempi che per genio spontaneo. Ora il dominio assoluto, che è l’incarnazione politica della superbia umana, è cosí alieno dagli spiriti evangelici, che l’accozzamento di esso colla paternitá spirituale produsse un composto mostruoso e contraddittorio, che, se ben temperato soventi volte dalle virtú personali dei pontefici, nocque alla Chiesa coi fatti e cogli esempi, introducendo nella curia romana i difetti e i vizi delle corti, avvezzando i vescovi e gli altri prelati all’orgoglio e alle pompe di un imperio profano, moltiplicando fuor di proposito, quasi puntelli del nuovo Stato, e sviando dal loro fine gli ordini claustrali, riinovendo dall’autoritá legittima il contrappeso della libertá richiesto alla sua conservazione, trasportando nella religione il