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libro secondo - capitolo primo 191


di altro mondo, e non vogliono intendere quanto le sia necessario conoscere quei pochi beni del mondo in cui vive, che le sono dovuti se dee ne’ disagi pacificamente e benignamente comportare altrui le sovrabbondanti fortune. Non manca la svergognata bestemmia di alcuni a pronunciare come decreto divino nell’arcana distribuzione delle umane sorti: che ai privi d’ogni ereditá debba anche essere interdetto l’acquisto e l’uso della ragione, quasiché de’ soli abbienti e non di tutti i mortali fosse gridata quella santa parola: ‛Signalum est super nos lumen vultus tui, Domine’. Lume della faccia di Dio a tutti dato è la ragione, che piú spesso ai meno fortunati risplende piú fulgido: ed è scellerata l’educazione che tenta di oscurarlo»1.

L’instruzione della plebe però non giova se non accompagnata dai materiali miglioramenti. Imperocché mal può ricevere e gustare l’instruzione e vantaggiarsene chi manca o scarseggia del pane quotidiano; e ancorché l’accogliesse, ella non farebbe altro che accrescere le sue miserie, rendendone la cognizione piú intera, il senso piú vivo e cocente. La riforma economica, è pertanto richiesta a far che la morale sia efficace, e lo scacciar la miseria ad introdurre la disciplina. Ora nei paesi che giá posseggono buoni ordini di successione e sono liberi dalla peste delle manimorte, l’imposta ed il credito sono i due capi sostanziali di cotal riforma; giacché Luna, bene ordinata, scema ai poveri la spesa del necessario, e l’altro, rendendo il lavoro piú certo e fruttuoso, porge loro il modo di acquistare eziandio del superfluo. Le contribuzioni, o sieno moltiplici o si riducano a una sola, debbono essere bilanciate in modo che al possibile non cadano nei proletari né anco per indiretto e solo a misura di proporzione gravino il capitale. Il credito vuol essere aggiustato in guisa che sia accessibile a tutti, non giá coll’abolizione dell’interesse (che sarebbe ingiusta ancorché non fosse chimerica) ma colla diminuzione, sia mediante la libera concorrenza dei banchi, sia coll’ordinamento di compagnie o arti travagliative. Le quali, bene instituite, farebbero si che il lavoro di tutti



  1. Opere, Appendice, pp. ii7, ii8.