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dall’austrorussa, affinché la forza secondasse l’astuzia e, dove le arti dei frati facessero dentro mala prova, supplissero di fuori le armi e i cosacchi. Questa lega mostruosa dei rettori di una repubblica democratica coi nemici del pensiero e con quelli delle instituzioni libere e delle nazioni mutò affatto l’indirizzo delle cose, rese il bene impossibile, il male senza rimedio, e non che chiudere l’epoca delle rivoluzioni ne apparecchiò una nuova per la Francia e l’Europa, la quale è appena incominciata e niuno può antivederne il corso e la fine.

Il primo atto partorito dalla lega russogesuitica fu la spedizione di Roma, con cui ebbe principio il quarto periodo che non è ancora compiuto. Roma ecclesiastica comprende due idee, due ordini, due governi differentissimi, cioè lo spirituale ed il temporale, il papa ed il principe. Quanto il primo di questi due poteri è essenziale al cattolicismo e venerabile ai cattolici, tanto il secondo è caro e prezioso ai nemici e ai corruttori di quello. L’autocrato russo vede nel pontefice un rivale del suo potere, la Compagnia un ostacolo alla sua ambizione; laddove mediante il temporale sperano l’uno e l’altra di conciliarlo ai propri interessi e farselo ligio e benevolo. Conciossiaché essendo oggi la ierocrazia odiatissima e incompatibile coll’avanzata cultura, ella non si può mantenere altrimenti che colla forza delle armi e coll’ignoranza superstiziosa; né a tal effetto può avere appoggi e presídi migliori che la politica russa e la religione gesuitica. Cosí da un lato il papa come principe è costretto a riporre la sua fiducia nell’antipapa settentrionale e in un sodalizio che tende costantemente a usurpare il primato ecclesiastico; e dall’altro lato lo czar e i gesuiti ravvisano nella tiara non piú un inciampo e un competitore ma uno strumento utilissimo alle loro mire. Di che segue che la potestá civile rende Roma serva agli scismatici e ai faziosi, e che quindi s’ingannano coloro i quali, guidati dalle apparenze, stimano il russo avverso allo spirituale imperio e il gesuitismo devoto. Imperocché la setta degenere non è zelante delle somme chiavi se non in quanto può usufruttarle, il despota è loro nemico in quanto non ne ha il maneggio: ora l’inconveniente è rimosso, il pro