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libro primo - capitolo primo 45

del principato civile, tanto piú era d’uopo mostrare che non ripugna agli spiriti popolani, che la forma del governo è cosa secondaria e accessoria, che l’indirizzo democratico della societá non dipende da essa ma dalle riforme, e specialmente da quella che è piú fondamentale, piú cristiana, piú giusta, cioè dalla trasformazione della plebe in popolo e dell’aristocrazia fattizia e arbitraria in quella del merito e dell’ingegno. Entrando per questa via, si poteva rifare quell’armonia degli spiriti e dei cuori che uvea dato sí fausto inizio e sí forte impulso al moto italiano; e questo si armonizzava col francese, mantenendogli la sua natura. Io il tentai da prima come scrittore1 e poi come ministro; e mentre non cedetti di energia a nessuno nel difendere il principato (tenendolo per necessario a preservar gli altri acquisti), predicai la sua concordia col genio del popolo. Ma coloro a cui la rivoluzion francese, maravigliosa a tutti per la subitezza e pur prevedibile come non lontana, era giunta affatto nuova, la riputarono per un caso fortuito e non ne trassero alcun profitto; onde quando piú mesi dopo, eletto a fare un ministero, lo chiamai democratico, l’Azeglio levò alte risa del vocabolo e della cosa. E non è meraviglia; poiché sia egli, sia il Balbo consideravano sottosopra il quarantotto come una semplice ripetizione del ventuno, e il Risorgimento destinato soltanto a riassumere dopo cinque lustri (che nel corso accelerato dei progressi odierni equivalgono a un secolo) un tentativo che era stato patrizio in sostanza, borghese in apparenza e popolano in nessuna guisa. Tal è il patriziato subalpino, eziandio liberale e virtuoso: fiero, ostinato, tenacissimo delle tradizioni, avvezzo a guardare indietro piú tosto che innanzi, privo di quel senso fatidico che preoccupa l’avvenire. L’Azeglio con un suo programma poneva nel principato costituzionale il non plus ultra del progresso italiano, e il Balbo inveiva contro i moti in piazza; ma l’uno e l’altro non ricordavano abbastanza che il regno è solo un termine quando la democrazia l’informa, e il romoreggiare un delitto allorché il governo precorre al popolo negli aumenti civili.

  1. Vedi il capitolo terzo dell’Apologia.