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provincia. Ciò bastava ad adempiere i voti del ventuno: se le altre parti della penisola aspiravano allo stesso bene, potevano procacciarselo. La «nazion» piemontese non dovea spendere e dissanguarsi per la lombarda, la veneta, l’etrusca, la romana e via discorrendo. Né il valentuomo s’inchiese se la libertá dell’altra Italia sia possibile a conseguire senza il soccorso del Piemonte, e se la libertá del Piemonte sia possibile a conservare senza quella dell’altra Italia. Ma che maraviglia se nelle cose maggiori facesse cattiva riuscita chi si mostrò insufficiente al còmpito usuale della politica interna, non solo col malmenarla ma eziandio col l’avvilirla? Il Pinelli fu il primo che trasferisse le arti dei gesuiti e degli storcileggi sulla bigoncia parlamentare, giocando di parole e di cavilli per ingannar gli amici ed il pubblico. Primo a recar nel governo civile i modi aspri, incomposti, appassionati dell’assoluto, o dando opera a rigori inutili o trascorrendo nel modo di esercitarli. Basti il ricordare i termini tenuti con Filippo Deboni onde nacquero i mali umori di Genova, e gl’indegni trattamenti usati a Giuseppe Garibaldi senza alcuna necessitá politica e senza riguardo ai meriti di un uomo illustrato dal triplice titolo dell’amor patrio, del valore e della sventura. L’animo del Pinelli non è ignobile; ma quando le passioni lo accecano, egli si scorda la dignitá delle parole e dei portamenti e trascorre a tali modi che il fanno parer per natura vendicativo e malevolo. «In vece di conciliare gli animi esacerbati e di attutare le ire in cospetto dei lutti cittadini, diresti che egli soffi nell’incendio e si ostini a suscitar le tempeste. L’occupazione di Alessandria fu una di quelle sventure che piú duramente colpirono il paese. L’onor nazionale si risentí a tanta umiliazione, a tanto abuso di vittoria; quando corse il funesto annunzio, gli animi caddero prostrati. Ebbene, allora il ministero manda fuori un proclama: cerca forse di lenire il dolore universale, innalzandosi al di sopra delle querele di parte? No; il Pinelli dimentica il Piemonte e l’Italia per ricordarsi de’ suoi avversari politici e gettar loro in viso l’accusa del danno deplorato. La forza pubblica nel dissipare un innocuo assembramento non adempie le formalitá prescritte ed accadono lamentevoli