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massimamente. Voglio parlare dell’abolito fòro ecclesiastico, ché sebbene il fatto non appartenga al periodo di cui discorro, sarebbe ingiusto il non menzionarlo dopo la critica precedente. E s’egli è vero che l’Azeglio a principio non l’approvasse, tanto piú gli si dee saper grado di aver poi mutato parere e avvertita l’utilitá conservatrice di tal riforma popolare; il che sfuggí alla perspicacia del Balbo. Imperocché il provvedimento fu opportunissimo eziandio come partito politico, avendo conciliata al governo la parte piú viva dei liberali, introdotta fra l’assemblea legislatrice e il magistrato esecutivo un’insperata concordia, e provato come nelle idee progressive e nelle savie condiscendenze risiede la molla piú efficace per governare. Come legge poi, l’abrogazione del privilegio clericale è una di quelle riforme che toccano le parti piú sostanziali ed intime del vivere comune. E se quale statuto di cittadina uguaglianza è un atto democratico, in quanto annulla le corti vescovili è una civil riscossa del laicato dagli ordini ieratici dei bassi tempi, un principio di separazione assoluta dello Stato dal sacerdozio, del temporale dallo spirituale, e in fine un atto di libertá cattolica verso le pretensioni soverchianti della curia romana, che solo i semplici confondono col papato. E se si ha l’occhio al predominio dei chierici, alle abitudini feudali e al vezzo dei privilegi, condizioni proprie del paese, si può dire che la Siccardiana fu quasi una rivoluzione in Piemonte. Né il governo si mostrò nei princípi men forte a eseguirla e mantenerla che savio ed ardito a deliberarla. E se forse fu troppo benigno permettendo di ripatriare a un prelato che rivolgeva contro le leggi e lo Stato la maestá del santuario, egli emendò l’errore nel porre un freno giuridico alle sue esorbitanze, distinguendo il grado dall’uomo e rendendo omaggio alla religione contro chi ne abusava, e chiariva che i gesuiti d’oggi non sono piú fortunati nei martiri che nei miracoli. Il merito di cotal procedere tocca a tutti i ministri, unanimi nel tutelare la nuova legge; tocca in particolare al presidente del Consiglio, che con note invitte la difese dai cavilli degli avversari: ma spetta ancor piú principalmente a Giuseppe Siccardi che concepiva essa legge e la proponeva, il quale seppe in tempi