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dell'impero romano cap. lxxi. 315

mi di Ravenna1 e di Roma2, nuovo ornamento al palagio che edificò in Aquisgrana. Cinque secoli dopo Carlomagno, Roberto, Re di Sicilia, il più saggio e colto Sovrano del suo secolo, si procacciò nello stesso modo, per aggiunger pregio alle proprie fabbriche, i materiali, che gli vennero facilmente condotti per la via del Tevere e del Mediterraneo, onde il Petrarca doleasi con indignazione che l’antica Capitale del Mondo terminasse da sè medesima di denudarsi per nudrire l’insolente lusso di Napoli3.

  1. V. intorno alle spoglie di Ravenna la concessione originale di Papa Adriano I a Carlomagno (Cod. Carolin., epist. 67, nel Muratori, Script. ital., tom. III, part. II, pag. 223).
  2. Citerò la testimonianza autentica del Poeta sassone (A. D. 887-899), De reb. gestis Car. M., l. V, 437-440, negli Historiens de France, t. V, p. 180).

    <>Ad quae marmoreas proestabat ROMA columnas,
         Quasdam praecipuas pulchra Ravenna dedit.
    De tam longinqua poterit regione vetustas
         Illius ornatum Francia ferre tibi.

    E aggiugnerò, secondo la Cronaca di Sigeberto (Histor. de France, t. V, p. 378), extruxit etiam Aquisgrani Basilicam plurimae pulchritudinis, ad cujus structuram a ROMA et Ravenna columnas et marmora devehi fecit.

  3. Un passo del Petrarca (Op., p. 556, 557, in epistola hortatoria ad Nicolaum Laurentium) è sì energico, ed all’uopo, che non posso starmi dal trascriverlo: Nec pudor aut pietas continuit quominus impii spoliata Dei templa, occupatas arces, opes publicas regiones urbis, atque honores magistratuum inter se divisos (mancherà un habeant), quam una in re, turbulenti ac seditiosi homines et totius reliquae vitae consiliis et rationibus discordes, inhumani foederis stupendâ societate convenerant, in pontes et moenia atque immeritos lapides desaevirent. Denique post vi vel