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del Rienzi, gli vennero conceduti libri; sicchè in Tito Livio e nella Bibbia che studiò assiduamente cercò la cagione e il conforto nelle proprie sventure.

[A. D. 1354] Solamente sotto il Pontificato d’Innocenzo VI, il Rienzi potè sperare libertà e risorgimento, essendo la Corte di Avignone venuta in sentenza, che codest’uomo, altra volta sì fortunato nel ribellare, fosse quanto vi volea in quel momento per acchetare e tor di mezzo l’anarchia della Metropoli. Dopo avere la ridetta Corte obbligato il Rienzi a prometterle fedeltà, lo spedì in Italia col titolo di Senatore; ma la morte del Baroncelli in quel punto sopravvenuta, rendè per poco inutile la missione; che anzi il Legato, Cardinale Albornoz1, uom versatissimo nella politica, gli permise a contraggenio e senza somministrargli soccorsi, di continuare in tale impresa piena di rischio. Ciò nondimeno il Rienzi fu accolto sulle prime con quanto favore uom poteva augurarsi; si ebbe per una pubblica festa il dì del suo ingresso; nè tardò colla facondia del dire e colla prevalenza che tuttavia possedea a far risorgere le leggi del Buono Stato; ma i vizj, così di lui come del popolo, ben presto coprirono di nubi un’aurora sì bella. Oh quante volte in Campidoglio ha dovuto augurarsi la prigionia di Avignone! Dopo un’amministrazione di quattro mesi, morì trucidato in

  1. Egidio, o Gille Albornoz, Nobile spagnuolo, Arcivescovo di Toledo, e Cardinale Legato in Italia (A. D. 1353-1367), restituì coll’armi e col consiglio l’autorità temporale ai Pontefici. Sepulveda ne ha scritta la vita; ma il Dryden non ha potuto ragionevolmente supporre che il nome di Albornoz, o di Volsey fosse pervenuto all’orecchio del Mufti della tragedia del Don Sebastiano.