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dell'impero romano cap. lxx. 237

nemente a Roma agitato; ma dopo avere uditi gli avvocati d’ambe le parti1, il Rienzi ebbe il senno di differire ad altro tempo la decisione di un sì alto affare, che la spada dell’Ungarese non tardò poi a conchiudere. Oltre le Alpi, e soprattutto ad Avignone, questo grande cambiamento di cose eccitò curiosità, sorpresa ed applausi. Rammentando che il Petrarca era vissuto in intrinsechezza col Rienzi, e lo avea fors’anche confortato co’ suoi consigli, non troveremo cosa maravigliosa, se gli scritti pubblicati dal Poeta in que’ giorni spirano per ogni dove ardore di patriottismo e di gioia; il rispetto ch’egli professava al Pontefice, la gratitudine che doveva ai Colonna, sparvero a fronte de’ più sacri obblighi di cittadino. Il Poeta laureato del Campidoglio approva la sommossa, ne applaudisce l’Eroe, e in mezzo ad alcuni suggerimenti, e ad alcune paure che trapelano nella sua Epistola hortatoria, annunzia alla Repubblica belle speranze di una grandezza eterna, e sempre più luminosa2. Intantochè il Petrarca alle sue visioni profetiche

  1. L’avvocato che arringò contro Giovanna di Napoli non poteva aggiungere nulla alla forza de’ ragionamenti espressi in poco nella lettera di Luigi di Baviera: Johanna! inordinata vita praecedens, retentio potestatis in regno, neglecta vindicta, vir alter susceptus, et excusatio subsequens, necis viri tui te probant fuisse participem et consortem. Giovanna di Napoli ha molti tratti singolari di somiglianza con Maria di Scozia.
  2. V. l’Epistola hortatoria de capessenda republica, che il Petrarca scrisse al Rienzi (Opp., pag. 535-550) e la quinta egloga o pastorale dello stesso Petrarca, allegorica dal principio al fine, e piena di oscurità.