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dell'impero romano cap. lxx. 227

plaudire al liberatore che veniva loro promesso, vi fu tra essi chi ebbe il coraggio di secondarlo.

[A. D. 1374] Una profezia, o piuttosto una intimazione affissa alla porta del tempio di S. Giorgio, fu la prima spiegazione pubblica de’ suoi disegni; un’assemblea di cento cittadini, convenuti di notte tempo sul monte Aventino, fu il primo passo verso l’esecuzione di questi disegni. Dopo avere preteso dai cospiratori un giuramento di mantenere il segreto e di aiutarlo, mostrò loro l’importanza dell’impresa e la facilità di condurla a termine: discordi fra loro i Nobili, privi di soccorsi, forti soltanto pel timore che l’immaginaria loro possanza inspirava; congiunti nel popolo il diritto e il potere; bastanti le rendite della Camera Appostolica ad alleggerire la miseria pubblica; l’utile che lo stesso Pontefice avrebbe trovato nel vederli trionfare de’ nemici del governo e della libertà. Dopo avere assicurato alla manifestazione delle sue intenzioni l’appoggio di una banda di fedeli partigiani, ordinò loro, a suon di tromba, di essere, senz’armi, nella notte della domane, innanzi alla chiesa di S. Angelo per provvedere alla restaurazione del Buono Stato; fu questa notte impiegata nel far celebrare trenta Messe ad onore dello Spirito Santo. Allo schiarire del giorno uscì della chiesa col capo scoperto, armato di tutto punto, e fiancheggiato da cento cospiratori. Il Vicario del Pontefice, semplice Vescovo di Orvieto, indotto a sostenere una parte in questa singolare cerimonia, camminava alla destra del Rienzi, dinanzi al quale venivano portati tre stendardi, emblemi dei disegni de’ congiurati. L’un d’essi stendardi, detto la bandiera della Libertà, rappresentava Roma, che,