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dell'impero romano cap. lviii 289

nostro secolo, durerà forse fatica a comprendere la viva impressione, che sopra anime colpevoli e fanatiche questa promessa operò. Alla voce del lor Pastore, i masnadieri, gli omicidi, gli incendiarj a migliaia accorrevano, impazienti di riscattare le proprie anime, col trasportare in mezzo agl’Infedeli il furore onde si erano fatti esecrabili nella lor patria. I peccatori di ogni grado e di ogni specie, questo nuovo metodo di espiazione avidamente abbracciarono. Niuno credeasi a bastanza puro, niuno esente da colpa e dal dovere di far penitenza; e quelli ancora che aveano minor motivo di paventare la giustizia di Dio e della Chiesa, si confortavano nell’idea di acquistare tanto maggiori diritti ad una ricompensa del lor pietoso coraggio, così in questo Mondo, come nell’altro. Il Clero latino non esitò a promettere la corona del martirio1 a chiunque fosse in così santa spedizione soggiaciuto; e chi alla conquista di Terra Santa sopravvivea, poteva aspettarsi con sicurezza un premio, che cogli anni della vita sua accumulavasi in Cielo. Di fatto, tutti questi Crociati offerivano il proprio sangue al figlio di Dio, che immolato erasi per la lor redenzione; prendeano la Croce; entravano con fiducia nella via del Signore; la Providenza di lui dovea vegliare sovr’essi, e forse anche la sua onnipotenza, con modi visibili e miracolosi, toglier di mezzo gli ostacoli che l’impresa

  1. Tali erano almeno la fiducia de’ Crociati, e l’opinione unanime degli Storici d’allora (Esprit des Croisades, t. III, p. 477); giusta la teologia ortodossa però, le preghiere pel riposo dell’anime dovrebbero essere incompatibili coi meriti del martirio.