Pagina:Gibbon - Storia della decadenza e rovina dell'Impero romano XI.djvu/275


dell'impero romano cap. lviii 269

voci dell’Eremita?) Attonito di una tal fidanza il Patriarca, rimise a Piero, mentre partivasi, lettere credenziali, ove i mali de’ Cristiani si descrivevano. Toccato appena il lido di Bari, l’Eremita senza perdere istanti, corse a gittarsi ai piedi del romano Pontefice. La statura piccola di Piero, e il suo portamento ignobile anzichè no, non pareano, per vero dire, atti a dar peso all’impresa che ei consigliava; ma vivace era ed acuto il suo sguardo, e possedea quella veemenza di dire, cui quasi sempre la persuasione va unita1. Uscito di una famiglia di gentiluomini (perchè ne giova ora del più moderno stile valerci), avea militato da prima sotto i Conti di Bologna marittima, feudatarj del suo vicinato, ed eroi della prima Crociata; ma ben tosto e l’armi, e il Mondo ebbe a schifo. E se egli è vero quanto raccontasi che la moglie di lui, quanto nobile, altrettanto era vecchia e difforme, non si stenta a comprendere, come senza molta ripugnanza la abbandonasse per ripararsi in un convento, e poco dopo in un romitaggio. L’austera penitenza, alla quale in questa solitudine si assoggettò, ne infiacchì il corpo, ma l’immaginazione gli accese. Avvezzatosi a credere quanto egli bramava, i suoi sogni, per lui rivelazioni, gli confermavano la realtà di quanto ei credea. Piero l’Eremita tornò da Gerusalemme più fanatico

  1. Guglielmo di Tiro (l. I, c. 11, p.637, 638) descrive così l’Eremita: Pusillus, personna contemplibilis, vivacis ingenii, et oculum habens perspicacem gratumque, et sponte fluens ei non deerat eloquium. (V. Alberto d’Aix, p. 185; Giberto, p. 482; Anna Comnena in Alex., l. X, p. 284 ec., e le Note del Ducange, p. 349).