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dell'impero romano cap. lvi 137

ni sull’inimico. Così ostinatamente si difendeano, allorchè la cavalleria che tornava addietro, dopo avere inseguita la parte vinta da Riccardo, e da Roberto Guiscardo, gli accerchiò, e morirono nelle loro file, stimati dagli stessi avversarj, e col conforto di aver vendute care le proprio vite. Il Papa, datosi alla fuga, trovò chiuse le porte di Civitade, e cadde fra le mani dei devoti suoi vincitori, che, baciandogli i piedi, chiedeano essere benedetti ed assoluti per la rea vittoria che aveano riportata. In questo nemico prigioniero i soldati non vedeano che il Vicario di Gesù Cristo: e benchè tai contrassegni di rispetto, quanto ai duci almeno, possano a ragioni di politica attribuirsi, vi è anche luogo a credere che i medesimi duci alle superstizioni del popolo non fossero peregrini. Nella calma del ritiro, il Pontefice, di cui buone erano le intenzioni, deplorò tanto sangue umano sparso per sua cagione, sentì essere egli stato l’origine de’ peccati e degli scandali commessi, e poichè mal tornata era l’impresa, vedea scopo del biasimo universale la sconvenevolezza del contegno che avea tenuto1. Tali idee tenendo l’animo suo,

  1. Il signor di Saint-Marc (t. II, p. 200-204) cita le lamentanze, o le censure che sulla condotta del Pontefice vennero fatte in allora da rispettabili personaggi. Avendo Pietro Damiano, l’oracolo di quella età, ricusato ai Papi il diritto di far la guerra, il cardinale Baronio (Annal. eccles. A. D. 1053, n. 10-17) rimanda l’eremita al suo posto (Lugens eremi incola) sostenendo con calore le prerogative delle due spade di S. Pietro.(*)
    (*) Si sa qual uso siasi sempre fatto ne’ secoli passati di quell’espressione dell’Evangelo: ecce duo gladii hic, asserendo la Corte romana, e sostenendo i Teologi di quella che una delle due spade era la figura della forza delle scomuniche e dell’autorità spirituale del Papa, e l’altra della sua autorità nelle cose temporali. Quanto al Cardinal Baronio sanno gl’illuminati ingegni, ch’egli ne’ suoi Annali ecclesiastici spesse volte eccede in favorire la Corte di Roma, e che quell’Opera corretta dal dottissimo Pagi, e nell’istoria, e nella cronologia, e ne’ ragionamenti, acquistò maggior pregio dalla critica di lui, che dall’autore, che ebbe il merito d’aver ordinato gli Annali, ma non discernimento nel trattare la materia, e ne’ giudizj. (Nota di N. N.)