Pagina:Gibbon - Storia della decadenza e rovina dell'Impero romano X.djvu/307


dell'impero romano cap. li. 301

ranza più acconce a disarmare la resistenza degl’increduli. Era sempre l’Arabia il santuario ed il retaggio del Dio di Maometto, il quale poi guardava con occhio men amorevole e men geloso le altre nazioni della terra. Quindi gli adoratori del suo Dio credevano potere a buon dritto estirpare i politeisti e gl’idolatri che ignoravano il suo nome1; ma non andò guari tempo che vennero sagge considerazioni politiche in supplimento delle massime di giustizia, e, dopo qualche misfatto d’uno zelo intollerante, seppero i Musulmani, insignoritisi dell’India, rispettare le pagodi di quel popolo numeroso e devoto. A’ discepoli di Abramo, di Mosè e di Gesù2 fu mandato solenne invito, perchè abbracciassero il culto del Profeta, come il più perfetto, ma però, quando avessero voluto pagare piuttosto una tassa moderata, si concedea loro libertà di coscienza, e facoltà di adorare Iddio alla lor maniera3. Col professare

  1. Gli Harbii, che così son detti, qui tolerari nequeunt, furono, 1. quelli che non solo adorano Dio, ma ben anche il sole, la luna, o gl’idoli; 2. gli atei utrique, quamdiu princeps aliquis inter Mohammedanos superest, oppugnari debent donec religionem amplectantur, nec requies iis concedenda est, nec pretium acceptandum pro obtinenda conscientiae libertate (Reland, Dissert. 10, De jure militari Mahommedan., t. III, p. 14). Che teorica austera!
  2. Si suppone che l’Autore ciò dica siccome asserito dai seguaci della religion Maomettana, che avevano ed hanno una prevenzione in favore di lei; poichè ogni buon credente sa che le rivelazioni di Mosè, e gli Evangelj hanno i caratteri, ed i segni che mostrano la loro origine divina; nè questi segni e questi caratteri si osservano nella pretesa rivelazione di Maometto. (Nota di N. N.).
  3. In una conversazione del Califfo Al-Mamoun cogl’ido-