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68 storia della decadenza

lato fortemente con pali; ed un fresco presidio di tremila uomini si ridusse nella fortezza a sostenere i travagli di un secondo assedio. Con abile ostinazione furono condotte le operazioni, sì dell’attacco che della difesa; e tanto una parte quanto l’altra trasse partito dall’esperienza de’ suoi errori passati. S’inventò un ariete di costruzione leggiera e di poderoso effetto il quale veniva trasportato e messo in opera dalle mani di quaranta soldati, e a misura che le pietre de’ bastioni si mostravano scosse dai replicati suoi colpi, gli assedianti ne le staccavano con lunghi uncini di ferro. Dall’alto di quelle mura pioveva un nembo di dardi sul capo degli assalitori, ma più pericolosamente essi venivano tribolati da un’accendevole composizione di zolfo e bitume, la quale, nel Colco, si potea con qualche proprietà denominare l’olio di Medea. Di seimila Romani che salirono alla scalata, il primo di tutti fu Bessa, lor generale, prode veterano, in età di settant’anni: il coraggio di questo condottiero, la caduta e l’estremo pericolo di lui animarono l’irresistibile sforzo delle sue truppe, ed il prevalente lor numero soverchiò la forza, senza domare l’intrepidezza della guarnigione persiana. La sorte di questi valorosi guerrieri merita di essere più distintamente ricordata. Settecento di loro eran periti durante l’assedio, duemila trecento sopravvivevano a difender la breccia. Di questi, mille e settanta furono distrutti dal fuoco e dal ferro nell’ultimo assalto, settecento trenta caddero prigionieri, ma diciotto solo erano tra loro che non portassero i segni di onorate ferite. Gli altri cinquecento si rifuggirono nella cittadella, che essi tennero senza speranza alcuna di soccorso, e rigettando i più lusinghieri patti di capitolare e di prender nuovo