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dell'impero romano cap. xlii. 27

in questi accenti all’Imperatore Romano. „Tu vedi, o potente principe, i rappresentanti della più forte e più popolosa fra le nazioni, degli invincibili ed irresistibili Avari. Noi vogliamo dedicarsi al tuo servizio: noi siamo atti a vincere ed a distruggere tutti i nemici che ora turbano il tuo riposo. Ma aspettiamo, qual prezzo della tua alleanza, qual ricompensa del nostro valore, donativi preziosi, annui sussidj, e possessioni feconde„. Al tempo di quest’ambasceria, Giustiniano avea regnato più di trent’anni, egli ne avea vissuto più di settantacinque: languenti e deboli erano il suo corpo ed il suo spirito; ed il conquistatore dell’Affrica e dell’Italia, non curando gli interessi permanenti del suo popolo, non aspirava che a fornire i suoi giorni nel seno della pace, quantunque priva di gloria. In una arringa studiata, egli espose al Senato il partito da lui preso di dissimulare l’insulto e di comprare l’amicizia degli Avari; e tutto il Senato, come i Mandarini della China, decantò l’incomparabil sapienza e la previdenza del suo Monarca. Si allestiscono immediatamente gli istrumenti del lusso per cattivar l’animo dei Barbari, seriche vesti, soffici e splendidi letti, catene e collane, incrostate di oro. Gli ambasciatori, contenti di sì liberale accoglienza, si partirono da Costantinopoli, e Valentino, uno della guardia dell’Imperatore, fu mandato collo stesso carattere nel loro campo, a’ piedi del Caucaso. Siccome sì la distruzione che le vittorie loro potevano essere egualmente di vantaggio all’Impero, ei li persuase a correre addosso ai nemici di Roma, ed essi agevolmente si lasciarono allettare da regali e promesse, a secondare l’inclinazione che avevan più cara. Questi fuggiaschi, che si ritraevano dalle armi