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dell'impero romano cap. xliv. 247

può esigerne l’adempimento, mercè di un’azione giudiciale. Sopra di questo principio i legisti di ogni paese hanno edificato una giurisprudenza, la quale, essendo uniforme, si può riguardare come il nobil parto della ragione universale e della giustizia1.

I. I Romani adoravano la Dea Fede (fede umana e sociale), non solo ne’ Templi ad essa innalzati, ma in ogni punto della lor vita; e se questa nazione mancava in qualche parte dei più amabili pregi della cortesia e della generosità, essa faceva maravigliare i Greci col sincero e semplice adempimento degli impegni più ardui e più gravi2. Non pertanto, appo lo stesso popolo, secondo le rigide massime dei Patrizj e dei Decemviri, un nudo patto, una promessa, od anche un giuramento, non creavano alcun obbligo civile, a meno che avessero per conferma la forma legale della stipulazione. Qualunque esser possa l’etimologia della voce latina, essa porta con sè l’idea di un saldo ed irrevocabil contratto, il quale sempre veniva espresso colla formalità di una domanda e di una risposta. „Mi prometti di pagarmi cento monete d’oro?„ Tale era la solenne interrogazione di Sejo. „Lo prometto,„ rispondeva Sempronio. Gli amici di Sempronio che si facevano mallevadori dell’abilità e dell’inclinazione di

  1. Le Institute di Cajo (l. II tit. 9, 10 p. 144-214), di Giustiniano (l. III tit. 14-30; l. IV tit. 1, 6) e di Teofilo (p. 616 637) distinguono quattro sorta d’obbligazioni, aut re, aut verbis, aut litteris, aut consensu; ma io confesso che preferisco la divisione da me adottata.
  2. Quanto mai è superiore a lodi vaghe ed indeterminate il ragionevole e tranquillo attestato di Polibio (l. VI p. 693, l. XXXI p. 1459, 1460)! Omnium maxime et praecipue fidem coluit (A. Gellio, XX, 1).