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dell'impero romano cap. xxxviii. 75

essi i chiomati e giganteschi selvaggi del Nord; i rozzi loro costumi, l’incoerente letizia, il vorace appetito e l’orrida figura loro, ugualmente disgustosa per la vista, che per l’odorato. Si coltivavano tuttavia nelle scuole d’Autun e di Bordeaux gli studi liberali; ed il linguaggio di Cicerone e di Virgilio era famigliare alla Gallica Gioventù. Restaron sorprese le lor orecchie da’ duri ed incogniti suoni del dialetto germanico, ed ingegnosamente si dolsero, che le muse tremanti fuggivano l’armonia della Lira burgundica. I Galli eran dotati di tutti i vantaggi della natura e dell’arte; ma siccome loro mancava il coraggio per difendersi, furono giustamente condannati ad ubbidire, ed anche adulare i vittoriosi Barbari, dalla clemenza de’ quali essi riconoscevano le precarie sostanze e le vite loro1.

[A. 476-485] Appena Odoacre ebbe estinto l’Impero Occidentale, cercò l’amicizia de’ più potenti fra’ Barbari. Il nuovo Sovrano dell’Italia cedè ad Enrico, Re de’ Visigoti, tutte le conquiste Romane di là dalle Alpi fino al Reno ed all’Oceano2: ed il Senato potè confermare questo liberal dono con qualche ostentazione di potere, senza veruna real perdita di entrate, o di dominio; le legittime pretensioni d’Enrico erano giustificate dall’ambizione, e dal successo; e la Nazione gotica poteva, sotto il suo comando, aspirare alla Mo-

  1. Sidonio Apollinare scherza, con affettato spirito e vivacità, sulle angustie della sua situazione (Carm. XII. in Tom. I. p. 811).
  2. Vedi Procopio, de Bell. Gothico L. I. c. 12. in T. II. p. 3l. Il carattere di Grozio mi fa inclinare a credere, che egli non abbia sostituito il Reno al Rodano (Hist. Gothor. p. 175) senza l’autorità di qualche manoscritto.