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dell'impero romano cap. xxxviii. 127

guardare il bestiame, ed a coltivar le terre de’ Barbari. Il numero degli schiavi ereditari ch’erano attaccati a’ patrimoni Gallici, veniva continuamente accresciuto da nuove reclute; ed il servil Popolo, secondo la situazione ed il carattere de’ padroni, talora veniva sollevato mercè di una precaria indulgenza; e più frequentemente depresso da un capriccioso dispotismo1. Si esercitava da questi padroni un assoluto potere di vita e di morte sopra di loro; e quando maritavan le proprie figlie, si mandava, come un dono nuziale in un lontano paese2, una quantità di servi utili, incatenati su’ carri per impedirne la fuga. La maestà delle Leggi Romane difendeva la libertà d’ogni cittadino contro i temerari effetti della propria sua miseria, o disperazione. Ma i sudditi de Re Merovingi potevano alienare la loro libertà personale; e questo atto di legal suicidio, che frequentemente si praticava, vien espresso con termini i più vergognosi, ed umilianti per la dignità della natura umana3. L’esempio del

  1. Si spiegano dall’Heineccio (Elem. Jur. German. l. 1 n. 28, 47), dal Muratori (Dissert. XIV, XV), dal Ducange (Gloss. sub. voc. servis) e dall’Abbate di Mably (Observ. Tom. II p. 3 etc. p. 237 etc.) lo stato, le professioni, ecc. degli schiavi Germani, Italiani, e Galli del medio Evo.
  2. Gregorio di Tours (l. VI c. 45 in Tom. II p. 289) riporta un memorabil esempio, in cui Childerico abusò una volta de’ privati diritti di padrone. Molte famiglie, che appartenevano alle sue domus fiscales nelle vicinanze di Parigi, furon per forza mandate via nella Spagna.
  3. Licentiam habeatis mihi qualemcumque volueritis disciplinam ponere: vel venumdare, aut quod vobis placuerit de me facere. Marculf., Formul. l. II 28 in Tom. IV p. 497. La formula del Lindembrogio (p. 559) e quella d’Angiò (p. 565) portano il medesimo effetto. Gregorio