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polo all’avvicinarsi che fecero alla distanza di cento cinquanta miglia da Roma; ed ansiosamente paragonarono essi il pericolo che avevan passato, co’ nuovi rischi a’ quali trovavansi esposti. Alarico era Cristiano e soldato; condottiere d’un esercito disciplinato; esso intendeva le leggi della guerra, rispettava la santità dei trattati, ed avea conversato famigliarmente coi sudditi dell’Impero nei medesimi campi e nelle Chiese medesime. Il selvaggio Radagaiso non conosceva i costumi, la religione, e neppure il linguaggio delle nazioni civilizzate del Mezzodì. Accrescevasi la fierezza della sua natura da una crudele superstizione, e generalmente credevasi, che si fosse obbligato con un solenne voto a ridur la città in un mucchio di sassi e di cenere, ed a sacrificare i Romani Senatori più illustri sugli altari di quegli Dei, che si placavano per mezzo del sangue umano. Il pubblico pericolo, che avrebbe dovuto riconciliare tutte le domestiche animosità, scuoprì l’incurabil pazzia d’una religiosa fazione. Gli oppressi adoratori di Mercurio e di Giove nell’implacabil nemico di Roma rispettavano il carattere di devoto Pagano: altamente dichiaravano, che più temevano i sacrifizi che le armi di Radagaiso: e segretamente godevano della calamità della patria, le quali condannavano la fede de’ Cristiani loro avversari1.

[A. 406] Firenze fu ridotta all’ultima estremità, ed il coraggio dei cittadini, che già mancava, non fu sostenuto

  1. Il Giove però di Radagaiso, che adorava Thot e Woden, era molto diverso dal Giove Olimpico o Capitolino. L’indole condiscendente del Politeismo potea congiungere quelle varie e distanti Divinità. Ma i veri Romani abborrivano i sacrifizi umani de’ Germani e de’ Galli.