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536 storia della decadenza

capitano. Allora le truppe vittoriose, atterrando qualunque riparo, corsero con irresistibil violenza nel cuore della città, e Roma (se possiamo far uso delle parole d’un Papa contemporaneo) fu rovinata dal furore civile d’Antemio, e di Ricimero1. Lo sfortunato Antemio fu tratto dal suo nascondiglio e crudelmente ucciso per ordine del suo genero; il quale aggiunse così un terzo, e forse un quarto Imperatore al numero delle sue vittime. I soldati, che univano la rabbia di faziosi cittadini co’ selvaggi costumi di Barbari, si lasciarono senza ritegno usar la licenza della rapina, e della strage; la folla degli schiavi e de’ plebei, che non erano interessati nel fatto, potè sol guadagnare nell’indistinto saccheggio, e l’aspetto della città dimostrava uno strano contrasto di una somma crudeltà, e d’una assoluta intemperanza2. Quaranta giorni dopo questo calamitoso fatto, soggetto non di gloria, ma di colpa, l’Italia fu liberata, mediante una penosa malattia del tiranno Ricimero, che lasciò il comando della sua armata a Gundobaldo suo nipote, uno de’ Principi dei

  1. Nuper Antemii et Ricimeris civili furore subversa est: Gelasio in Epist. ad Andromach. ap. Baron. an. 496. n. 12. Il Sigonio (Tom. 1. l. XIV. de Occident. Imper. p. 542, 543) ed il Muratori (Annal. d. Ital. Tom. IV. p. 308, 309) coll’aiuto d’un Manoscritto meno imperfetto dell’Istoria Miscellanea hanno illustrato quest’oscuro e sanguinoso avvenimento.
  2. Tal era stata la saeva ac deformis urbe tota facies, quando Roma fu assalita e presa dalle truppe di Vespasiano (Vedi Tacito, Hist. III. 82, 83); ed ogni specie di male aveva dopo quel tempo acquistato una gran forza di più. La rivoluzione de’ secoli può riprodurre le stesse calamità; ma posson tornare i medesimi tempi, senza produrre un Tacito, che li descriva.