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dell'impero romano cap. xxxvi. 521

Ha dimostrato l’esperienza, che il buon successo di un invasore dipende per lo più dal vigore, e dalla celerità delle sue operazioni. La forza e l’attività della prima impressione si perdono coll’indugio; insensibilmente languisce in un lontano clima la salute ed il coraggio delle truppe; quel grande sforzo militare e navale, che forse non potrà più replicarsi, va consumandosi quietamente; ed ogni ora, che s’impiega nella negoziazione, avvezza il nemico a rimirare ed esaminare quei terrori ostili, che a prima vista giudicò irresistibili. Ebbe la formidabile flotta di Basilisco una prospera navigazione dal Bosforo Tracio fino alla costa d’Affrica. Ei sbarcò le sue truppe al Capo di Bona, o al promontorio di Mercurio, in distanza di circa quaranta miglia da Cartagine1. L’esercito d’Eraclio e la flotta di Marcellino raggiunsero o secondarono il Luogotenente Imperiale; ed i Vandali, che si opponevano a’ suoi progressi per mare o per terra, gli uni dopo gli altri furono vinti2. Se Basilisco avesse profittato del momento della costernazione e si fosse arditamente avanzato verso la capitale, Cartagine avrebbe dovuto arrendersi, e sarebbesi estinto il regno de’ Vandali. Genserico vide con fermezza il pericolo, e l’evitò con la sua antica destrezza. Ei si protestò con espressioni le

  1. Questo promontorio è distante quaranta miglia da Cartagine (Procop. l. 1. c. 6. p. 192), e venti leghe dalla Sicilia (Shavv viagg. p. 89). Scipione sbarcò più a dentro nella baia al promontorio Bianco. Vedasi l’animata descrizione di Livio XXIX. 26, 27.
  2. Teofane (p. 100) asserisce, che molte navi dei Vandali furon colate a’ fondo. L’asserzione di Giornandes (de success. regn.) che Basilisco attaccò Cartagine, si deve intendere in un senso ben limitato.