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rinnovò le sue istanze per la pace. L’Imperatore Occidentale, ch’era capace di formare de’ gran disegni, e di soffrire de’ forti rovesci, acconsentì ad un trattato o piuttosto ad una sospension d’armi, con la piena sicurezza, che prima di poter rimettere in ordine la sua flotta, avrebbe avute occasioni per giustificare una seconda guerra. Maioriano tornò in Italia per proseguire i suoi travagli per la pubblica felicità: e siccome era sicuro della propria integrità, potè per lungo tempo ignorare l’oscura cospirazione, che gli minacciava il trono e la vita. La recente disgrazia di Cartagena macchiò la gloria, che aveva abbagliato gli occhi della moltitudine: quasi ogni genere di Ministri civili e militari erano esacerbati contro il Riformatore, giacchè traevano qualche vantaggio dagli abusi, che ei cercava di togliere; ed il Patrizio Ricimero instigava le incostanti passioni de’ Barbari contro un Principe da esso stimato ed odiato. Le virtù di Maioriano non lo poteron difendere dall’impetuosa sedizione, che insorse nel campo vicino a Tortona, a piè dell’Alpi. Ei fu costretto a deporre la porpora; cinque giorni dopo la sua abdicazione fu detto, ch’egli era morto di una dissenteria1; e l’umile tomba, in cui fu posto il suo corpo, fu consacrata dal rispetto e dalla gratitudine delle

  1. Proc., de bell. Vandal. l. I. c. 8. p. 194. La testimonianza d’Idazio è chiara ed imparziale: Majorianum de Galliis Romam redeuntem et Romano Imperio vel nominis res necessarias ordinantem, Ricimer livore percitus, et invidorum consilio fultus, fraude interficit circumventum. Alcuni leggono Suevorum, ed io ammetterei l’una e l’altra parola, esprimendo esse i diversi complici, che ebbero parte nella cospirazione contro Maioriano.