Pagina:Gibbon - Storia della decadenza e rovina dell'Impero romano VI.djvu/502

496 storia della decadenza

licenza; e minacciò di gastigare la colpevole ubbidienza de’ loro Ministri subalterni con severi colpi di verghe, e coll’amputazione di ambe le mani. In quest’ultimo articolo potrebbe sembrare che il legislatore avesse dimenticato la proporzione fra il delitto e la pena; ma il suo zelo nasceva da un principio generoso, e Maioriano desiderava di difendere i monumenti di que’ secoli, ne’ quali egli avrebbe desiderato e meritato di vivere. L’Imperatore conosceva, ch’era suo interesse l’accrescere il numero de’ suoi sudditi; ch’era suo dovere il conservare la purità del letto maritale; ma i mezzi ch’esso adoperò per conseguire tali salutevoli oggetti, sono d’una specie ambigua, e forse non affatto lodevole. Le pie fanciulle, che consacravano a Cristo la loro verginità, non potevano prendere il velo, fintantochè non fossero giunte al quarantesimo anno dell’età loro. Le vedove, inferiori a quell’età, furono costrette a contrarre altre nozze dentro il termine di cinque anni, sotto pena di perdere la metà de’ loro beni, che passavano a’ più prossimi loro parenti, o al fisco. Erano condannati, o annullati i matrimoni disuguali. La pena della confiscazione de’ beni, e dell’esilio si giudicò sì inadequata per il delitto d’adulterio, che se il reo tornava in Italia, poteva per espressa dichiarazione di Maioriano esser ucciso impunemente1.

[A. 457] Mentre l’Imperatore Majoriano faceva ogni sforzo

  1. L’Imperatore riprende la dolcezza di Rogaziano, Consolare di Toscana, in un tuono di aspro rimprovero, che sembra quasi una personale animosità (Novella Tit. IX p. 37). La legge di Maioriano, che puniva le vedove ostinate, fu rivocata poco dopo da Severo suo successore (Novell. Sever. Tom. I. p. 37).