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dell'impero romano cap. xxxvi. 493

tore medesimo. Esigevano essi tutti i pagamenti in oro: ma ricusavano la moneta corrente dell’Impero, e volevano solo di quelle antiche monete, ch’eran coniate co’ nomi di Faustina o degli Antonini. Il suddito, che non aveva tali curiose medaglie, ricorreva all’espediente di entrare in composizione sopra le rapaci loro domande; o se lo poteva trovare, raddoppiata veniva la sua imposizione considerato il peso ed il valore delle monete de’ tempi antichi1. „ III. I corpi municipali (dice l’Imperatore), i Senati minori (tal nome dava loro giustamente l’antichità) meritano d’essere considerati come il cuore delle città, ed i nervi della Repubblica. Eppure sono essi ridotti a stato sì basso dall’ingiustizia de’ Magistrati, e dalla venalità de’ Collettori, che molti de’ loro membri, rinunciando alla dignità, ed alla patria loro, si son rifuggiti in distanti ed oscuri esilj„. Ei gli esorta, ed anche li costringe a tornare alle respettive loro città; ma toglie gli aggravi, che gli avevan forzati ad abbandonar l’esercizio delle funzioni loro municipali. Vien loro commesso di riassumere, sotto l’autorità de’ Magistrati Provinciali, il loro ufizio di levare i tributi; ma invece di renderli responsabili di tutta la somma da esigersi nel loro distretto, son obligati solo a rendere un esatto conto de’ pagamenti, che hanno ricevuto realmente, e la nota di quelli, che hanno mancato, i quali restano sempre

  1. L’erudito Greaves (Vol. I. pag. 329, 330, 331) ha trovato per mezzo di diligenti ricerche, che gli aurei degli Antonini pesavano cento diciotto grani Inglesi, e quelli del quinto secolo solo sessant’otto. Maioriano diede corso a tutta la moneta d’oro, eccettuato solamente il solido Gallico, per la sua mancanza non già nel peso, ma nel titolo.